Voglio raccontarvi di un’esperienza che ho fatto a inizio settembre di quest’anno, speciale ed avventurosa, che per me prende il nome di “viaggio del viandante”.
E’ un tipo di viaggio in cui ci si porta il necessario per poter vivere in natura e camminare per alcuni giorni; finora nella mia vita ho fatto questo tipo di esperienza per una durata che va dai 4 ai 10 giorni.
E’ necessario che lo zaino contenga ciò che serve e non di più, con questo intendo dire:
tutto il necessario per mangiare, cucinare, dormire, un buon libro (possibilmente piccolo), carta e penna per segnarsi le riflessioni che arrivano, pochi ricambi, qualche vestito pesante per la sera, una torcia, un coltellino, contenitori per l’acqua, il necessario per lavarsi (anche se non capita sempre di trovare una fonte di acqua quando ci si accampa). E’ utile che lo zaino sia equilibrato tra leggerezza e quantità di cose strettamente utili, che ci permettano di fare un’esperienza appagante e non eccessivamente faticosa.
Ciò che è più necessario, quasi imprescindibile per vivere appieno questa esperienza, sono alcune caratteristiche che il contatto tra la natura primordiale e il nostro animo, formando un intreccio di risonanza, ci ricorda durante il cammino: la curiosità, l’osservazione di ciò che ci circonda, il silenzio dei boschi e della mente, la fatica che ristora, la parte di scomodità che ci farà apprezzare pienamente il rientro alle nostre case calde e comode.
Eravamo in cammino da un paio di giorni, la fatica del primo giorno del peso dello zaino sulle spalle e dei muscoli che cercano di abituarsi allo sforzo fisico stava già passando. Era pomeriggio tardo, sapevamo di avere ancora un paio di ore prima del tramonto, quindi circa 3 ore prima dell’arrivo del buio. Capimmo che non saremmo arrivati al punto in cui volevamo, ma non era importante: in questo tipo di viaggio la meta non è un punto sulla cartina, la meta la senti nei muscoli, nei boschi intorno a te, nei pensieri che si fanno limpidi, nell’amicizia, nel calore del fuoco la sera e di un piatto caldo che ti ristora; la meta è la semplicità.
Ci fermammo per fare una pausa in un piccolo paesino di montagna che incontrammo sul sentiero, una buona merenda non poteva che farci bene per riflettere su dove e come ci saremmo accampati per la notte. Avevamo alcune mele e pere molto piccole ma gustose trovate sugli alberi selvatici incontrati nel bosco, la natura ha sempre dei doni pronti per tutti, basta guardarsi intorno. Guardando la cartina individuammo un ruscello non tanto lontano da li: una fonte d’acqua è sempre comoda quando ci si accampa. Una signora anziana del posto ci disse che non era potabile ma che non era in secca, riempimmo allora un paio di bottiglie di plastica da due litri per la cena, la colazione, e la prima parte del viaggio del giorno dopo. Decidemmo di raggiungere il ruscello e fermarci li.
Camminammo ancora mezz’ora circa, addentrandoci in uno splendido bosco di castagni, ad un certo punto il sentiero tagliava il ruscello e incominciammo quindi a cercare uno spazio nei paraggi: il sole stava quasi per tramontare; seguendo il corso d’acqua trovammo uno spiazzo nel bosco a qualche metro dal ruscello, con un sacco di legna secca nei paraggi: il posto perfetto!
Il mio amico iniziò a montare la tenda, io preparai il cerchio di pietre e accesi il fuoco: è molto bello, oltre che necessario, collaborare e dividersi i compiti quando la natura è determinante e serrata nei tempi. In poco tempo avevamo il riparo per la notte con i bagagli all’asciutto e un fuoco caldo e crepitante, gli ultimi minuti di crepuscolo li passai a raccogliere erbe spontanee in un prato li vicino che avrebbero insaporito la cena: ortica, tarassaco, piantaggine, romice.
Era giunta l’ora del bagno! Il ruscello in quel punto formava una pozza poco profonda che ci dette l’opportunità di lavarci due giorni di sudore, tra urla e risate scatenate dall’acqua gelida, per poi tornare seminudi davanti al fuoco che ci asciugò e scaldò in poco tempo.
Iniziammo a preparare la cena, misi sul fuoco una pentola sopraelevata da tre sassi (il nostro fornello) con un soffritto di cipolla e carota, nel frattempo il mio compagno di viaggio alimentava il fuoco con piccoli rami: è infatti molto difficile riuscire a badare al fuoco e al cibo da preparare e cuocere allo stesso momento. In breve tempo la zuppa era pronta: grano saraceno e ceci spezzati (cuociono più velocemente) con qualche erba spontanea, una patata e alcune spezie che mi ero portato da casa.
Mangiare intorno al fuoco in buona compagnia, una zuppa calda, nel buio e silenzio del bosco, è una delle esperienze più belle della mia vita.
A stomaco pieno, decisi di prendermi un momento per scrivermi alcuni pensieri che la camminata mi aveva stimolato, essere lontano dalla civiltà, in mezzo alla natura, mi aiuta sempre a riflettere sulle piccole e grandi questioni della vita.
Il mattino ci svegliammo presto con le prime luci, chiudemmo la tenda e ravvivammo le poche braci rimaste dalla sera prima per prepararci la colazione: caffè d’orzo, pane e marmellata….
Pronti per una nuova partenza!
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